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Tim Hecker: nuove rifrazioni sonore

Tim HeckerTim Hecker, compositore canadese attivo da molti anni nell'ambient-drone music - giusto per dare una definizione plausibile del suo lavoro che, come tutte le definizioni, rimane limitata-, è oggi un artista di una certa fama. Per chi segue questo filone musicale, davvero molto ricco e vario, Hecker è un'autorità indiscutibile ma è anche vero che gli ultimi dischi sono quelli che ne confermano il talento e le ambizioni, senza per questo poter costruire a posteriori una storia in qualche modo lineare del suo stile, della sua cosiddetta evoluzione. E' per questo motivo che non intendo proporre sulle pagine di Nomos Alpha un articolo "biografico", insomma il classico pezzo sull'artista consacrato. Penso che questo genere di cose non interessi a nessuno, perciò mi concentrerò sull'ascolto degli album e su nient'altro. Prima di mettermi alla tastiera del pc tenevo in mano alcuni cd raccolti nel corso del tempo, mentre altri brani li ho ascoltati in antologie oppure su YouTube. Alla fine ho deciso che un buon punto di partenza per ascoltare il lavoro di Hecker è un album del 2009,  An Imaginary Country. I critici più attenti l'hanno già notato, ma qui Hecker è riuscito a trovare una zona sonora tra ambient e noise, un punto di equilibrio che era già molto promettente considerato che gli ascoltatori arrivavano a questo album dal precedente e dissonante, a tratti rumoristico, Harmony In Ultraviolet. Forse si può dire che l'equilibrio che sto teorizzando altro non era che una concessione alla moda della musica ambient mixata con la psichedelia, ma in un certo senso An Imaginary Country resta, ancora oggi, un ottimo album per chi non ascolta la noise e non disdegna, d'altra parte, i paesaggi sonori. Un compromesso che consente di cominciare  a capire l'universo sonoro, complesso e stratificato, in cui Hecker ama immergere il suo uditorio (se ne sono fatti senz'altro un'idea chiara coloro che erano presenti alla serata italiana - ottobre 2013- alla quale ha partecipato anche Hecker presso l'Auditorium San Fedele di Milano, per la rassegna Tracce e percorsi acustici ed elettronici).

An Imaginary Country offre dodici tracce che suonano come dodici paesaggi sonori che non negano di derivare anche da influenze abbastanza evidenti (Boards Of CanadaFennesz), ma che attirano l'ascoltatore grazie alla loro valenza melodica e, se volete, spirituale di questo album, certamente uno dei più riusciti di Hecker. "Spirituale" sembra un aggettivo fuori moda, persino eccessivo da usare parlando di un musicista contemporaneo (a meno che non sia Arvo Pärt, quasi un brand della spiritualità odierna). Si può trovarlo esagerato soltanto se non si è ascoltato un disco come Ravedeath, 1972 (2011). L'idea di partenza è già quella di un artista con tendenze mistiche: passare una giornata in una chiesa di Reykjavík in compagnia di un organo a canne improvvisando o quasi alcuni brani successivamente ripresi e rielaborati in studio, con la complicità di un altro mago del suono come Ben Frost. Ravedeath, 1972  è una specie di racconto epico tradotto in musica, un chiaro omaggio alle terre d'Islanda, ma anche un modo sottile e straniante di abitare la noise music come se fosse ambient, ciò che Hecker sembra ormai saper fare molto bene. Questa tecnica di composizione deve averlo assuefatto a tal punto che, nel suo nuovo album Virgins l'artista canadese ci lascia intravedere una via d'uscita anche da questa conquista. Clavicembalo e pianoforte non avevano avuto, finora, un ruolo da protagonisti. Ritorno alla classica? Non proprio, anche se il pianoforte svolge un ruolo decisivo, più ritmico che melodico, nell'ensemble strumentale di Virgins. Non si può neppure dire che il suono sia diventato meno spurio, sostanzialmente ancora noise, ma c'è una svolta verso una concezione quasi minimalistica del brano musicale, mirando alla dispersione sonora come avviene, per esempio, in un pezzo come Virginal II. Senza esagerare, possiamo dire che Hecker con Virgins Ã¨ uscito dal contesto della noise music dei primi anni Duemila per vedere che cosa poteva accadere avvicinandosi a una musica più eterea e depurata, in questo senso classica, come se il suono potesse davvero purificarsi a contatto con una materia e un linguaggio diversi. Resta da vedere che cosa saprà proporci la prossima volta. Intanto è chiaro che il percorso evolutivo di Tim Hecker rimane sorprendente e tutt'altro che facile da prevedere. (o.g.)

Website: www.sunblind.net



Questo articolo è apparso sulla rivista di musica contemporanea Nomos Alpha - Sounds Frontier.

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